Siamo un gruppo di professionisti e ricercatori che si occupa di droghe e riduzione del danno da circa 30 anni.
L’associazione fra sesso e uso di droghe è nota da tempo. Negli ultimi decenni, però, l’attenzione del mondo scientifico si è concentrata quasi esclusivamente sui comportamenti a rischio durante i rapporti sessuali sotto effetto di droghe, trascurando le motivazioni che sono alla base di questa associazione. E’ noto che l’effetto di alcune droghe può favorire i rapporti sessuali, ma è sempre più frequente che le droghe vengano utilizzate più o meno consapevolmente come afrodisiaco da parte di persone socialmente integrate, ad elevato funzionamento sociale e che non mostrano i caratteri tipici della dipendenza.
Secondo la maggior parte dei ricercatori e dei medici, sono da considerarsi afrodisiache solo quelle sostanze che agiscono direttamente ed inequivocabilmente sulla libido (ovvero sulla pulsione o ‘spinta’) e sulla funzione sessuale, ovvero sulla dinamica e sulla meccanica dell’accoppiamento. La maggior parte degli studi, infatti, continua a prendere in considerazione solo quelle sostanze che hanno un effetto evidente sulla funzione sessuale e considerano afrodisiache solo quelle che “creano il desiderio in chi si vuole sedurre” oppure che “danno vigore sessuale ad un impotente”.
Alcune droghe hanno un chiaro effetto sulla funzione sessuale e pertanto possono essere considerate degli afrodisiaci già alla luce di questa definizione. Tutti gli altri effetti delle droghe sulla sessualità, invece, non vengono tenuti molto in considerazione e vengono ricondotti a meccanismi alquanto aspecifici, come la riduzione delle inibizioni ed una generica stimolazione. Medici e ricercatori, in questo modo, restano in maggioranza riluttanti a riconoscere proprietà afrodisiache a qualsiasi droga.
Ciò che sembra sfuggire, è che quello che invece molti chiedono alle droghe è proprio rendere l’atto sessuale più svincolato dalla funzione fisiologica. Qualcuno lo definisce il sesso di cervello, quello che si potrebbe fare anche senza toccare il partner e che permetterebbe vette altissime di piacere, impensabili nella pratica normale. Alla luce di ciò, la definizione di afrodisiaco come sostanza in grado semplicemente di aumentare l’eccitazione e migliorare la funzione sessuale, se applicata alle droghe, risulta assai limitata e non aiuta a comprendere il loro sempre maggiore successo come additivo sessuale, anche di quelle che non hanno un effetto riconosciuto. Per questi motivi qualcuno a suo tempo propose di includere nella definizione “l’effetto farmacologico di una sostanza sul piacere soggettivo dell’esperienza, indipendentemente da quello sulla libido e sulla motivazione sessuale”, considerando afrodisiache anche quelle sostanze che aumentano il piacere. Questa visione certamente si addice meglio alle droghe, però non ha avuto un seguito.
Negli ultimi anni l’la rigidità del mondo scientifico su questi temi sembra stia progressivamente riducendo, mentre va aumentando l’interesse e ricominciano ad essere pubblicati studi su argomenti trascurati per decenni. Questo, assieme alle indicazioni ed agli stimoli provenienti dalla nostra pratica clinica, ci ha spinto ad effettuare questo studio, per il quale richiediamo la vostra collaborazione.